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RINASCIMENTO
Il XVI secolo fu l’epoca della Rinascenza.
Rinascita dell’uomo, dunque, che trova il suo epicentro -per una singolarissima
e
irripetibile coincidenza di uomini e contingenze storiche- prima nei comuni e
poi nelle
corti delle città italiane, luoghi di raffinata cultura e di orgoglio
municipale, di
elaborazione di altissimi ideali e di appetiti territoriali sfrenati. E le
donne?
Va precisato subito che il Cinquecento italiano, tra l’altro, è il secolo delle
poetesse:
se ne contano nel volgere di cento anni più di quante non ne abbia conosciuto
l’intera
storia della letteratura, forse mondiale, sino a quel momento.
Il Cinquecento, infatti, è il secolo di Vittoria Colonna, Veronica Gambara,
Gaspara
Stampa, Veronica Franco, Tullia d’Aragona e molte, moltissime altre. Parecchie
di loro
furono, oltre che poetesse, anche cortigiane.
L’aggettivo, declinato al
femminile, assume
un significato tutto particolare: cortigiane, infatti, non sono più le dame di
compagnia,
le accompagnatrici addette alla corte dei principi, che difatti d’ora in poi
saranno
chiamate “dame di corte”, ma le prostitute.
La più celebre è stata Imperia, nome d’arte della bella romana Lucrezia, a sua
volta
figlia di una cortigiana e di un esponente tanto importante quanto anonimo della
curia
pontificia, che si suicida nel 1512 (forse per amore, forse per dolore),
all’apice della
fortuna e della bellezza: dopo la sua morte Giulio II, il papa guerriero, le
accorda la
benedizione e l’assoluzione da tutti i peccati, oltre a consentire la sepoltura
in una
cappella della chiesa di San Gregorio.
Le donne al centro di tutta la lirica
d’amore del
secolo, di tutti i sonetti dei poeti petrarchisti, sono quindi assai più
creature idealizzate
(non diversamente da quello che accadeva alle dame dei trovatori di Provenza di
quattro
secoli prima) che non esseri reali, vivi e veri.
Le donne, insomma, non conoscono reali progressi nella loro condizione rispetto
ai
decenni precedenti, salvo alcune rare fortunate dalla nascita nobilissima (si
pensi a una
Lucrezia Borgia, ad esempio).
L’entrata nel mondo di una bambina, anche nel
Rinascimento, non suscitava la gioia che accompagnava la nascita di un maschio.
Una femmina non solo non perpetuava il nome della famiglia, ma doveva essere
allevata al riparo dalle tentazioni pericolose e doveva essere accasata, con
tutto il peso
economico che questo significava.
Spesso le donne studiavano un po’ di medicina
e
sapevano riconoscere e manipolare le erbe da cui estrarre cosmetici e
medicamenti;
imparavano il latino, la storia, la letteratura, la filosofia, la musica, il
canto e la danza;
alcune, poi, curavano in modo particolare la poesia, la pittura, la scultura o
il suono di
uno strumento musicale.
Le donne colte fondavano delle Accademie dove, alla presenza di un pubblico
femminile e maschile, si discutevano argomenti di cultura. Altre donne non
esitarono a
indossare l’armatura e a combattere in campo aperto, o per seguire il marito o
per guidare
da sole l’esercito contro chi minacciava di invadere lo Stato che esse
governavano.
Tra
le donne che diventarono famose in politica si ricordano: Luisa di Savoia e
Caterina dei
Medici, Giovanna I d’Angiò, Bianca Maria Visconti e Caterina Sforza, Isabella e
Beatrice
d’Este, Elisabetta Gonzaga, Elisabetta I d’Inghilterra, Isabella di Spagna.
La vita delle donne del popolo era, nello stesso tempo,
migliore e peggiore di quella
delle nobildonne: migliore, perché non erano tenute a rispettare l’etichetta di
corte e,
nel complesso, avevano più libertà; peggiore, perché non godevano degli stessi
privilegi.
Numerose erano le donne che in città ottenevano dei successi negli affari,
organizzando e dirigendo imprese commerciali; altre imparavano un mestiere come
la
confezione degli abiti, la fabbricazione della birra o la lavorazione della
seta, che a poco
a poco divenne una sorta di specializzazione femminile.
Insomma, nel periodo rinascimentale le donne vissero sempre più accanto agli
uomini:
accompagnandoli nei loro viaggi, pranzando con loro e partecipando a
conversazioni
ed affari.
Inoltre, esercitarono un forte influsso in numerosi campi: nella politica,
consigliando
i sovrani, sostituendoli quando erano assenti o ereditandone il titolo e
governando da
sole; nell’arte, servendo da ispiratrici e/o modelle a poeti, scultori e
pittori; nella
letteratura, aprendo le loro case agli scrittori; nel comportamento sociale,
poiché gli
uomini divennero meno rozzi e si ingentilirono nei modi e nei discorsi.
Benché
fossero
stati compiuti degli importanti passi avanti nella lunghissima strada
dell’emancipazione
femminile, le donne erano ancora ben lontane dalla totale parità dei diritti e
dei doveri
rispetto agli uomini: per raggiungerla avrebbero dovuto attendere ancora quattro
secoli.
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