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  TANAQUIL
 

Donna di nobile discendenza, e dunque abituata al potere e al benessere, si trova a fare i conti con una situazione dinastica ed anche ereditaria intricata e ben poco promettente per il futuro. Il suo sposo Lucumone è ricco, ma mezzosangue poiché greco da parte di padre. Trattato con diffidenza a Tarquinia, veniva osteggiato dai suoi cittadini
e non riusciva ad accedere alle cariche pubbliche. Quando, per amore, sposa Tanaquil, è proprio la moglie a mettergli nel sangue la smania di emergere: Tanaquil legge l’insoddisfazione del marito, la coniuga alla sua, è lei a prendere la grande decisione.
Roma è davvero la città adatta: un popolo giovane, dove non è difficile diventare nobili purché si abbiano intelligenza e cuore saldo.
Lucumone, diventato Lucio Tarquinio, si distingue in ogni campo civile e militare, nel pubblico e nel privato, e alla fine il vecchio re Anco gli conferisce, nel testamento, il ruolo di tutor dei suoi figli.

Quando, dopo 24 anni di regno, Anco muore, Tarquinio è abilissimo nel condurre la propria campagna elettorale, elencando ed enfatizzando i propri meriti e la propria storia personale. Tanaquil, futura first lady, è perennemente dietro le sue spalle, pronta ad imbeccarlo con l’argomento giusto, prodiga di sorrisi, tranquillizzante nei riguardi del suo uomo e anche nei riguardi dei Romani che devono pur sempre fare i conti con l’idea di scegliere un etrusco come re. Tarquinio è re, ed è re di successo.

Allarga la base del suo potere facendo entrare in Curia cento nuovi senatori mentre le armate romane vincono ovunque e Roma, sotto di lui, si sprovincializza.
Circo Massimo e Foro acquisiscono quella fisionomia brulicante di umanità che caratterizzerà l’Urbe nei secoli a venire. Con furba avvedutezza esalta, lui etrusco, lo spirito nazionale romano, delimitando sul Campidoglio l’area in cui sorgerà il tempio dedicato a Giove. Quando a corte si verifica un prodigio straordinario, ecco tornare in
primo piano Tanaquil. La regina intuisce le doti di un ragazzino, Servio Tullio, figlio di una nobildonna diventata sua amica, e Tarquinio gli fa sposare una delle sue figlie.

Ma i figli del re Anco Marzio, che mai hanno digerito di essere stati sopravanzati da Tarquinio, organizzano il complotto che a Tarquinio costerà la vita. Tanaquil capisce che la sua vita e la stessa situazione politica di Roma sono a una svolta. Per Tarquinio non c’è più nulla da fare, ma lei lo fa portare nella parte più protetta della reggia e
tranquillizza tutti. E intanto? Servio Tullio sta dunque al gioco, anche perché è proprio Tanaquil ad avere in mano la situazione: è lei che fronteggia il clamor impetusque multitudinis. Un discorso diretto, fortemente impegnativo, coraggiosamente contro i congiurati e ancor più coraggiosamente contro la successione dei suoi stessi figli, Arunte
e Lucio.

La regina ha appena parlato a colui che sarebbe stato di lì a qualche ora, come annota Livio, il primo re a regnare iniussu populi voluntate patrum. Il vero re è lei, padrona della situazione. Ma anche donna con le sue fragilità.

Tanaquil: donna e costruttrice di politica, ad un tempo.